DEI CANI ADDOMESTICATI

 



Il mio amico Giovanni aveva due cani molto docili a lui e ai suoi comandi... Un giorno gli ho chiesto di poterli comandare io tenendoli al guinzaglio, e lui me li ha affidati, ponendosi davanti a me, come potete vedere, per fare la foto qui uscita. I cani lupi, bellissimi, sono stati bravi, e hanno posato con me, ma dopo un po' è passata una cagnolina al guinzaglio della sua padrona, e loro sono partiti a razzo verso di lei, e io a tenerli, con forza, ma poi ho dovuto lasciarmi trascinare dal loro impeto. La cagnolina si è salvata in braccio alla padrona, e i cani lupi hanno solo allora obbedito al padrone, per cui, alla fin fine, occorre riconoscere, che, sian persone o animali, al cuore non si comanda...l'istinto primordiale prevale sempre e comunque, al di là dei sensi e della ragione.
Anche quel giorno qualcosa ho imparato dai nostri amici animali.
Giovanni, non sei proprio tu il padrone dei tuoi cani, che pure addomesticati, prima che a te, hanno obbedito al loro cuore e al suo istinto primordiale.


DELL'AMORE E DELL'ODIO


Amiamo tanto, ma odiamo ancor di più. 

E questo non perché siamo cattivi, no. 

Perché l'amore ha bisogno dell'odio per avere il suo carburante energetico. 

Per essere vero, l'amore deve essere vagliato e filtrato dall'odio. Sembra un assurdo, ma se ci pensiamo un momento, ci accorgiamo che senza l'odio l'amore non sussisterebbe se non come chimera e ipocrisia, come spesso emerge in chi dice di non odiare mai. 

Odiare è necessità, è legge e dovere morale, proprio per amare veramente e non idealmente. 

Se è vero che prima c'è sempre l'amore, in tutto, tutto deve sempre essere sostenuto dall'odio. 

Altrimenti, come spesso si constata, l'amore crolla al primo vento contrario. 

L'amore ha bisogno dell'odio per essere come quella casa fondata sulla roccia, che non crollerà mai di fronte a nessuna intemperia o avversità. 

L'unica cosa però che dobbiamo appuntare è questa: quest'odio non ha mai funzionato finora a sostegno dell'amore, perché? 

Forse perché invece di mettere questo carburante nel motore del nostro io, l'abbiamo gettato sugli altri per incenerirli?


COS'E' IL PECCATO

 

Cos'è il peccato? 

Ma prima di cercare di rispondere, chiariamoci bene: non stiamo parlando solo a livello religioso, ma umano: la riposta a questa domanda riguarda tutti, piccoli e grandi, atei e credenti, colti e no, proprio tutti e nessuno deve sentirsene esente. Bene. 

Chiarita la base del procedimento, procediamo spediti: il peccato, in due parole - anzi, una - è: artificiosità. 

Sì, e in ogni settore della vita. 

Tutto ciò che non è naturale, o meglio: che non tende alla naturalità, ma viaggia verso l'area dell'artificiosità, ecco, tutto questo diventa peccato. 

Sia bene, sia male, non è sottoposto a giudizio se non a quello dell'artificiosità. 

Ecco ciò che distingue chiaramente ciò che è peccato, in ogni tipo di umanità. 

E quindi, non è peccato ciò che tende alla naturalità di una realtà. 

La natura delle cose, di noi, degli altri e del mondo è l'unica divinità che - bene o male, volenti o nolenti - è condivisa, in modo naturale, da tutti. 

Ogni percorso che se ne allontana, va verso il peccato, e quindi lo è già.


CHI MI AMA MI ESEGUA


Seguire una persona o un ideale con amore non ha senso,  se non a una condizione: quella della libertà. 

Cioè alla condizione di non lasciarsi mai condizionare. 

Molti dicono che amano, ma sono succubi; altri dicono di amare, ma dominano. 

Chi ama una persona, deve dare a quella la possibilità di amarla in libertà, in verità. 

Come si fa? 

Attraverso non il semplice seguire alla moda delle pecore, ma interpretando, eseguendo questa sequela traducendola in concreto. 

Io amo veramente e seguo una persona quando eseguo quel che di lei mi è regalato e lo applico alla vita, eseguendo il suo esempio non passivamente, ma incarnandolo nel mio modo di essere. 

Eseguendo la sua musica di amore con il cuore, con la mente e con l'animo che sono propri di me, del mio vissuto e del mio carattere, con i miei pregi e i miei difetti. 

A nostra volta, se davvero amiamo una persona, la controprova che il nostro è vero amore la vediamo non nel fatto che ci segue, ma da come sta eseguendo nella sua vita quella musica che gli abbiamo regalato.


SONO GIA' PARTE DELL' AJAD

 

Son gentile e cerco di essere anche abbastanza rispettoso e educato, ascoltando le parole altrui e dialogando per quel che posso e fin dove la ragione mi conduce, ma quando si toccano certi interessi non c'è più niente da fare: tutto si chiude a riccio in me, in una giustificata autodifesa e per conseguenza sparo offese e insulti, magari non evidenti ma sempre comunque pensanti e pregiudizievoli, che vanno a smentire il bel percorso di vita condotto fin ora. 

Là dove non posso agire, avanza lo sguardo, e dove anche lo sguardo non può arrivare ad oscurare, ecco che il pensiero sfreccia a dardo infuocato. 

Non c'è più alcuna pietà, non c'è ombra di comprensione e di condanna fino a prova contraria. 

Sono ormai pronto ad essere arruolato in difesa del mio mondo, che pur piccolo, si erge a comando, luogotenente di chi come me comincia a pensarla. 

Sono disposto, almeno in teoria, a tutto, e al contrario di tutto, basta ottenere vittoria. 

Già, son già parte dell'Agiad, o comunque la si chiami, mi son spiegato?


SI' E NO

 

Carissimi,

che dire di questi due che fan delle parole un uso improprio per la propria utilità?

Sì e No, son due risposte che anche noi diamo alla vita, ma che non sempre corrispondono ai fatti, e lo facciamo per salvare le apparenze, per tirarci fuori dai guai e dagli inghippi, per svincolarci dalle situazioni che ci mettono alle strette.

Non vogliamo esporci per quel che siamo, e usiamo le parole per nascondere le nostre persone e il mondo che viviamo.

Ma quando poi la realtà dei fatti ci smentisce, che si dirà di noi?

Siamo ingannatori, millantatori, falsi profeti, ipocriti?...

La parola del Signore corrisponde sempre a quel che dice, alla realtà, e ci insegna a far altrettanto, a non abusare del dono della parola per farci scuse e discolpe.

Pubblicani e prostitute, dice il Signore, nel loro ambito, in questo ci sono da maestri, e ci insegnano che se si dice sì è sì, e detto no, è no.

Non è importante la perfezione, ma la coerenza, sì, questa, molto di più che il farci apparire con le parole quel che non siam di fatto.

Detto, fatto, miei cari, ci dice il Vangelo.

Questa è la via della speranza, della fede e dell'amore; tutto il resto è inganno.

PREDICA TROPPO...CORTA


 "Don Luciano, la sua predica è stata fin troppo corta!" 

dice una nobil signora altezzosa e sprezzante il curato come mal predicatore. 

"Oh, mi scusi, signora...a lei piace la predica un po' più lunga?"

"Certo!..." risponde lei con atteggiamento di autorevolezza.

"Allora, quando lei accorcerà la sua lingua, io allungherò la mia predica!". 


(Secondo me la predica deve essere come la minigonna:

- corta

- aderente alla situazione

- che possa far intravedere il contenuto)


ATTO DI DOLORE


 "Bene, adesso che ha confessato i suoi peccati, dica l'atto di dolore"

"O Gesù d'amore acceso quanti soldi ho mai speso per sposare questa donna che non vale una madonna..."

"Alt, alt! Ma non è proprio così l'Atto di Dolore..."

"Oh, mi scusi, mi sono confuso con quello che diciamo ogni tanto al bar"

"Beh, ora dica quello giusto"

"...?...hem!...?..."

"Va beh, va beh, facciamo valere quello del bar..."


DON LUCY

 

Appena giunto in parrocchia, ecco che uno dei primi giorni incontro per caso dei ragazzi seduti sul muretto, e li saluto, e mi presento: 

"Ciao, ragazzi, io sono il prete appena arrivato...mi chiamo don Luciano..."

"Possiamo chiamarla don Lucy?" mi dice sorridente uno di loro.

"Certo...sì, sì...importante che non mi chiamiate con l'altro abbreviativo!..."

Sono trascorsi alcuni anni, i ragazzi sono ormai quasi ventenni, ma alcuni di loro, appena mi vedono anche da lontano, mi chiamano e salutano gridando: " Don Ano!..."


DOMENICA DELLE OVAIE

 

Una signora, un po' soprappensiero, avvicinandosi la Pasqua, mi si rivolge:

"Lo sa, don Luciano, che io compio gli anni proprio la Domenica delle Ovaie?"...

"Delle Ovaie?!..." ribatto io.

Accorgendosi della gaffe, riprende: "Ah, no...volevo dire DELLE OLIVE!"...

"Delle olive ha detto?!"...correggo ancora io.

"Quella lì, insomma, mi ha capito?..."

"La Domenica delle Palme?"

"Ecco, sì, proprio quella!"


Non piangere sul vino versato

 

Una gentil signora mi aveva appena fatto dono di uno prezioso spumante, una bottiglia che già pensavo di poter gustare la domenica.

Nel procedere alle visite degli ammalati, mentre salgo i gradini di una casa vicina, mi inciampo e...la bottiglia va in frantumi, mentre io mi metto le mani tra i (pochi) capelli; nel frattempo la signora alla quale ho citofonato, esce sulla soglia, e vedendomi mentre mi sto pian piano rialzando e riassettando, mi grida: "Si è fatto male?...".  "No, no! La bottiglia ! La bottiglia si è rotta !". 

La sera, alla messa prefestiva, nell'omelia, esordisco con questa mia disavventura... e poi continuo la predica.

Il Sabato seguente, ecco che prima della celebrazione entra in sacrestia una signora con un sacchetto, nel quale dice di aver messo una bottiglia di spumante, avendo sentito della mia disavventura.

Ecco, finalmente, una predica che ha portato frutto...di vino!


La salciccia di Padre Pio


Mi si avvicina un parrocchiano e mi dice che andrà da Padre Pio in pellegrinaggio, e oltre ad assicurare la sua preghiera e il ricordo per me, mi promette di portarmi un souvenir di quelle parti.

Io, con fare un po' tra l'arrabbiato e l'ironico, gli dico di non portarmi assolutamente ricordi religiosi, che di rosari e immaginette e medagliette ne ho piene le scatole...

Devo essere stato talmente convincente, che al suo ritorno mi si avvicina, assicurandomi di avermi portato non cosa sacra, ma profana dal luoghi di Padre Pio. Ed estrae dalla borsa una salciccia sottovuoto, piccante, proveniente da quei luoghi.

L'ho ringraziato personalmente, e poi pubblicamente nella mia omelia della sera, facendo notare alla gente che a Padre Pio era gradito non solo il ricordo spirituale, ma anche umano nell'incontro con lui.

Grazie a Padre Pio, ho gustato un buon risottino con salciccia piccante, proprio come le parole del santo, che immagino mi abbia anche augurato il buon appetito per gustare di lui non solo il sentire, ma anche il gustare.

 

Di quando sparai


Un giorno il mio amico vigile mi invitò al Poligono, a sparare al suo posto, in quanto lui quel giorno non aveva voglia di fare il suo aggiornamento.

Ci andai volentieri, essendo per me cosa nuova e da scoprire, e ricevetti le lodi del supervisore: "Voi preti pensate sempre che le armi siano solo per uccidere, per il male; invece, sono per un autocontrollo di sè, e per avere capacità di mirare a un obiettivo, quindi sono un esercizio della personalità. Quindi, lei è il benvenuto qua. Inizi a sparare con questa Beretta, poi lo farà con la Magnum". E così feci: 140 colpi, con il risultato discreto di riuscire a colpire il centro.

La sera, alla messa prefestiva, esordii lodando quella mia avventura, ma penso proprio che i miei fedeli non abbiano nè accolto nè compreso quella che per me era stata una bella, anzi stupenda esperienza.


Tabernoccolo

 

Tutto successe per il senso del non spreco di energia...

Mattino presto di una domenica qualunque...

Scendo ad aprire la chiesa, e come prima cosa porto la chiave nel tabernacolo, senza accendere le luci, certo di poter distinguere come sempre il solito percorso.

Ma quando poi mi giro e scendo il gradino intravedo, vedo, e non vedo, e nell'oscurità finisco dritto in terra, rovesciando col mio corpo il grosso vaso di fiori davanti al tabernacolo.  Con la testa mi schianto contro il muro, e mentre mi attorciglio su me stesso sento un "crak"...  Penso sia la testa che mi si è rotta, invece è la mano sinistra, che sotto il mio peso si è fratturata in pezzi.

Tutto questo per non aver acceso le luci, per risparmiare sulla bolletta della parrocchia, quando forse il Signore dal suo tabernacolo avrebbe detto: accendi 'ste luci quando occorrono, perchè altrimenti vedrai solo le stelle ! Guardo a quel tabernacolo che sarà d'ora in poi memoria del tabernoccolo, e accondiscendo, col senno di poi.


Orientamenti in chiesa


Qualche volta in chiesa non si coglie sempre l'orientamento...

Un ragazzo mi chiede di fare il chierichetto; la sua famiglia non è tanto di chiesa, però lui ha un buon desiderio, quindi gli faccio le prove prima della celebrazione: come usare le ampolline, quando suonare il campanello, altre cose da fare... e sembra tutto a posto.

Ma, appena usciti davanti all'altare, mentre io faccio la genuflessione verso il tabernacolo, vedo che lui fa la genuflessione al contrario: verso i fedeli.  Mi ero dimenticato di dirgli la cosa più importante...

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Una signora è in ginocchio in chiesa e sta pregando. Io entro e vedo lei e accovacciato accanto il suo cane, silenzioso e fermo. E la signora mi fa notare che non disturba, e mi dice: "Vede il mio cane, sembra proprio che stia anche lui in preghiera !".  Le rispondo: "Il suo cane signora è molto quieto e può stare qui con lei, ma guardi che lui è rivolto non al tabernacolo, ma alla porta dell'uscita !".


L'Euro nelle ostie

 

Le parrocchiane anziane si distinguono sempre per la loro piccola ma preziosa opera di carità.   Una di queste era solita contribuire con un euro per il mio caffè donandomelo ogni volta che mi accingevo ad andare in sacrestia per prepararmi alla celebrazione.

Di fronte a un mio diniego - una volta le dissi: "Basta, non esageri", non tanto perchè non mi era cosa gradita, ma forse sentendomi un po' condizionato da quell'azione - quella non si arrese affatto, e al momento della comunione, quando le offrii la particola dicendole: "Il corpo di Cristo", lei rispondendo "Amen" gettò l'euro che aveva in mano nella pisside, e quella finì per sprofondare tra tutte le ostie consacrate.

Nei minuti del recupero dopo aver comunicato i fedeli (con attenzione a non offrire euro per ostia) pensavo al fatto che una piccola azione non solo non si spegne nel cuore di chi crede, ma che è anche gradita al Signore, tanto da accoglierla subito tra le sue ostie, e da benedire in questo modo il mio caffè del bar.


U.A.A.R.: Unione Atei e Agnostici Razionalisti


Ho avuto la bella opportunità di partecipare al gruppo UAAR di questa città; e ancora oggi, dopo aver lasciato il gruppo per altro percorso e impegni, ho conservato da questa esperienza alcuni veri e simpatici amici.

Con questi atei - anche se all'inizio c'è stata una piccola difficoltà non tanto da parte loro, ma a causa del mio pregiudizio e del mio preconcetto che mi è stato inculcato fin da piccolo - ho avuto un bel dialogo e sempre un buon rapporto, e mi son sempre trovato con loro a mio agio, grazie a loro...e a Dio.  Sì, perchè penso proprio che sia stato Lui a farmeli incontrare.   Nei loro incontri ho trovato oltre che amicizia e confronto, tanti temi religiosi da mettere in discussione e da chiarire anche con il mio contributo.        Mai avrei pensato di trovare veri e propri credenti - e non solo di facciata, come nei nostri ritrovi parrocchiali - disposti ad accogliermi e a mettersi in discussione con me.

Grazie a questi atei, mi sento oggi ancor più credente e grato a Dio. 


Hare Krishna...No e Sì


Quando un giorno decisi di andare a condividere l'esperienza degli  Hare Krishna, non avrei mai pensato di trovare tanta opposizione nei miei confronti. E non certo da parte loro, ma da parte di chi, ufficialmente, era deputato a tenere i rapporti con le religioni.

Per farla breve, dopo qualche ora che mi trovavo nel loro villaggio, ecco arriva una perentoria telefonata per me da parte del rappresentante del movimento delle religioni, che mi impone di tornare subito sui miei passi, pena il venir meno immediato del sostentamento del clero (la paga) mei miei confronti.

E allora, mio malgrado, fui costretto a tornare sui miei passi. Dove, ad attendermi, proprio quel sacerdote rappresentante del movimento religioso, che insultandomi ripetutamente e sbavando con fare rabbioso che farebbe paura anche a un lupo, mi insegue col suo bastone per darmi la giusta dose di... ma per mia fortuna, era zoppo, e io, pur di grossa dimensione, gli ho potuto sfuggire.

Ma l'anno successivo - meglio premunire che curare, mi dissi - informai il vescovo della mia intenzione di andare a condividere presso gli hare krishna la loro vita per qualche giorno. Col suo consenso, ho potuto fare ben quindici giorni con loro.

Tornato, riferii a quel famoso rappresentante del dialogo religioso che l'unico ostacolo al dialogo era stato solo e proprio lui, e nessun altro.  E poi, aggiunsi, sorpassando lui e la sua chiusura, il vescovo fu molto più aperto del suo rappresentante, indegno in questo caso.  Ma tutto passa, e tutto ciò che è bene finisce bene.  E allo zoppo augurai di stare attento a non cadere nella buca del confine del proprio io, visto che non sapeva distinguere il suo da quello dell'infinito confine del suo dio. 


Del miracolo screditato a Lourdes


Penso proprio che Lourdes abbia lasciato in me il ricordo di un fatto indelebile e impossibile da giustificare con l'uso della ragione di allora (non ho certezza di essere ora migliorato).

Con la complicità del mio amico Custì, simile a me nel far cose fuori dalla normalità e un po' incoscienti, sul piazzale del santuario mariano, quasi deserto in quel momento, imbastimmo istintivamente uno scherzo che per noi poteva essere solo innocuo.

Uno di noi prese una delle carrozzelle per gli ammalati, un altro una coperta; uno si sedette coprendosi le gambe, l'altro cominciò a spingerlo su e giù per il piazzale. Poi ci fermammo in mezzo, e io, gettando in aria la coperta e balzando giù dalla carrozzella, mi misi a gridare: "Miracolo !!". Pian piano vedemmo apparire e accorrere da distante alcune persone, e solo nel vederle avvicinarsi a noi prendemmo coscienza della grossa bravata.

Abbandonata coperta e carrozzella, via, ci demmo a una precipitosa fuga fin fuori dal recinto sacro, facendo perdere tra i negozi le nostre tracce a quegli inseguitori che avrebbero potuto crearci problemi oltre ogni misura. 

Essendo cosa d'anni fa - e questo è il vero miracolo - non esistevano ancora gli ormai onnipresenti cellulari...altrimenti oggi saremmo diventati tristemente famosi per aver inscenato da incoscienti un falso miracolo...non certo della Madonna. 

La quale spero (e credo) non ne abbia avuto a male per quella bravata, ma abbia fatto un sorriso di compassione per due poveri incoscienti che non sapendo pregare a dovere, avevano voluto farlo seguendo in quel momento solo il loro istintivo piacere.


Della rapina

 

Ricordar quel giorno che inscenai per scherzo una rapina mi fa ora un po' sorridere e un po' sentirmi in colpa. 

Certo oggi non rifarei quel che allora ho fatto, e senza pensare alle possibili conseguenze che si sarebbero potute creare.

Entrai nella banca del paese, dove per fortuna la più parte dei presenti mi conosceva - oltre che di persona, anche per il mio stile - e mi misi a gridare "Questa è una rapina!", con la mano sollevata, tenendo nel palmo...

Poco prima ero passato dal fruttivendolo e avevo acquistato una piccola rapa, che avevo pensato di usar come strumento di scherzo per quella...rapina.

Tra forzati sorrisi e qualche mugugno, e volti qua e là un po' irritati mostrando di non essere troppo arrabbiati, fui invitato ad andar con quella rapina altrove...a quel paese!


Del caso del regalo frainteso


Dopo aver imparato a suonare il clarinetto, pensai di far cosa buona e giusta offrirlo in regalo al parroco, che in quel nostro paese aveva avuto la bella idea di costituire per la prima volta una banda musicale.

Per cui, ritenendo di far cosa buona il non esibire di essere io a portare il dono, nella valigetta del clarinetto misi un biglietto con uno scritto: un anonimo pro erigenda banda parrocchiale.  E posando il dono davanti alla casa parrocchiale, suonai il campanello e poi me ne andai via.

Il parroco, aperto l'uscio, vedendo quella valigetta per terra e non notando alcuno lì attorno, si impaurì,  pensando di essere stato preso di mira per un attentato, e pensò istintivamente a una bomba. Chiamò subito i suoi stretti collaboratori, e poi le forze dell'ordine, che allertarono gli artificieri, i quali, dopo aver sigillato la zona, intervennero con mezzi adeguati per aprire... e trovare quello strumento che certo non era un gran che di pericoloso.

Al mio arrivo molto più tardi, il racconto fattomi dal parroco: ma lo sai cosa è successo oggi?...

E io feci la parte del confratello dapprima ignorante della situazione che si era creata, e poi preoccupato per ciò che poteva essere stato un possibile attentato a causa di un parroco frastornato da un clarinetto non ancora suonato, in realtà unico elemento stonato in quella situazione.


Di quando andai in udienza dal Vescovo


Un giorno chiesi udienza al Vescovo appena giunto in Diocesi. Mi ricevette verso mezzogiorno.

 Mi è parso un tipo simpatico, e certo lo era.

Appena cominciai a parlare, mi guardò sorridente e con fare accogliente.

Ma dopo qualche minuto, osservai che le sue palpebre si chiudevano a intermittenza sempre più frequente...io parlavo, ma lo vedevo sempre più in difficoltà a seguirmi, a causa della stanchezza e della sonnolenza che lo assaliva piano piano...

Finchè, d'un tratto, si addormentò.

Allora parlai sempre più a bassa voce, fino al silenzio; mi sollevai dalla sedia, uscii e dissi al segretario che sarebbe bastato quel momento, per ora, e che forse sua eccellenza era stanco, e aveva il diritto di riposarsi un poco.

Non chiesi più udienza.